Toni Servillo Legge Napoli, un omaggio poetico alla napoletanità

L'attore ha aperto le Orestiadi di Gibellina incantando il pubblico

di Eva Lipari

 

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La trentacinquesima edizione del Festival delle Orestiadi di Gibellina è iniziata con un “tutto esaurito” e pubblico in lista d’attesa per assistere, sabato 16 luglio, allo spettacolo di Toni Servillo, che ha accompagnato la platea in un viaggio verso Napoli.

“Toni Servillo legge Napoli”, è un’odissea verso questa terra dai mille volti e dalle mille contraddizioni nella quale da sempre convivono forza, brutale bellezza e disperazione. Servillo recita con sorprendente maestria le parole dei più importanti poeti napoletani che riescono a restituire alla città la sua identità più profonda: da Salvatore Di Giacomo a Ferdinando Russo, da Raffaele Viviani a Eduardo De Filippo e Antonio De Curtis, fino alla voce contemporanea di Enzo Moscato, Mimmo Borrelli, Maurizio De Giovanni e Giuseppe Montesano.

In un’atmosfera sospesa, l’attore alterna registri comici e tragici, la sua voce ricca di sfumature e toni suadenti, che a tratti diventa roca, racconta Napoli in modo sublime, descrivendo scene quotidiane con immensa poesia.

La poesia si fa teatro per dar voce al popolo minuto che spera ancora nei miracoli per salvarsi. La povertà e l’arte dell’arrangiarsi, le quotidiane avventure e baruffe di santi tra paradiso, purgatorio e inferno, questi i temi fondamentali della poetica napoletana.

Attraverso la modulazione della voce, Servillo riesce a dipingere varie tonalità dell’animo e dei sentimenti umani, raggiungendo il tragico dell’esistenza ma anche la dissacrazione di essa. Nelle sue parole rivive quel “riso amaro” tanto caro a Eduardo e la parossistica ironia di Mimmo Borrelli.

Sembra manifestarsi una prepotente disfatta degli stereotipi della napoletanità e allo stesso tempo, un bisogno di far rivivere una profonda tradizione di cui non si può fare a meno.

Io non faccio come tutti quegli attori che escono dal palcoscenico aspettando che il pubblico chieda il bis”, ha detto Servillo al pubblico delle Orestiadi che si è lasciato andare in un lungo applauso, segno di stima per un professionista di alto calibro.

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