Al Teatro Biondo giunge “Dipartita finale”, parodia sulla vita e la morte

Torna allo Stabile di Palermo il teatro dell’assurdo con un testo firmato da Franco Branciaroli, che dirige due grandi attori come Ugo Pagliai e Gianrico Tedeschi

di Gilda Sciortino

 

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Un cast eccezionale, quello che calcherà il palco del Teatro Biondo di Palermo, dal 15 al 24 marzo, dopo una lunga e fortunata tournée. Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai, Franco Branciaroli e Maurizio Donadoni saranno, infatti, gli attori che daranno vita a uno spettacolo originale e divertente, che riflette e fa riflettere sulla vita, la morte e il teatro. Si tratta di Dipartita finale, scritto dallo stesso Branciaroli e prodotto da CTB Centro Teatrale Bresciano e Teatro de “Gli Incamminati”.

DIPARTITA FINALE DOPO APRILE 2015 ph Umberto Favretto-1Dopo l’apprezzata edizione di Finale di Partita di Beckett del 2006, Branciaroli firma un nuovo testo ascrivibile alla stessa atmosfera dell’assurdo, che vede protagonisti tre clochard: Pol, Pot e il Supino. Giunti alla fine dei loro giorni, i tre si trovano alle prese con le “ultime questioni” cui li costringe Totò, travestimento della morte.

I barboni immaginano di rifugiarsi dall’imminente catastrofe della fine del mondo. Pol e Pot consapevoli della fine, l’attendono e la desiderano con timore; il Supino, invece, si crede eterno e può ancora permettersi di riflettere sul senso della sua esistenza e fare progetti per il futuro.

«Quella che mettiamo in scena è una parodia, un western, un gioco da ubriachi sulla condizione umana dei nostri tempi – spiega l’autore/regista Branciaroli – con tre barboni che giacciono in una baracca sulle rive di un fiume, forse il Tevere, e con la morte, nei panni di Totò menagramo, che li va a trovare impugnando la falce».

Dipartita-35L’amara ironia che attraversa questa storia la rende “lunare”, più che assurda, rappresentativa di un’umanità povera di valori – condizione diffusa dei nostri tempi – attaccata alla misera speranza. Dalla necessità che costringe i protagonisti a vivere insieme, perseguita con strumenti irresistibilmente divertenti, emerge proprio la speranza, vera forza dell’uomo, che riserverà ai nostri clochard un finale a sorpresa.

«La realtà è senza ideale, la natura senza luce. Ebbene – aggiunge Branciaroli – l’opera d’arte (sperando che sia arte) deve essere capace, oggi, di suscitare in qualcuno la convinzione che in essa sia presente quel senso ultimo del mondo che è il trovarsi privi di Dio. E naturalmente la disperazione che ne consegue di aver perso il rimedio per allontanare la sofferenza e la morte. Il sapere umano pensa già alla costruzione di una vita umana, in cui sofferenza e morte siano allontanate il più possibile: la realizzazione di un mondo nuovo che anticipi l’Apocalisse, nuova terra, nuovo cielo».

In scena anche Sebastiano Bottari. A firmare le scene è Margherita Palli, mentre Gigi Saccomandi cura le luci.

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